Entrando a Palazzo Colonna, che oggi ospita la Casa di Reclusione di Paliano, l’impressione è quella di entrare in un ambiente fuori dall’ordinario. Le atmosfere suggestive dell’antico castello fanno dimenticare di essere in un carcere.
Paliano infatti non si chiama carcere, si chiama Casa di Reclusione. E noi, onestamente, ci siamo sentiti a casa. Siamo entrati aspettandoci di vedere una comune rappresentazione teatrale. Al contrario la nostra visita si è rivelata un’esperienza del tutto nuova. Entrare in contatto per la prima volta con le persone detenute, ascoltare le loro storie, veder loro togliersi le maschere, ci ha profondamente toccato. Ci ha fatto riflettere sul valore dell’uomo dietro al detenuto.
È stato però impossibile non notare l’unicità di questo ambiente, se messo a confronto con le altre realtà carcerarie italiane. In Italia, infatti, il sistema carcerario vive profonde problematiche. A partire da un tasso di sovraffollamento altissimo: più del 117% in media. In Puglia, la regione con gli istituti più affollati, questo dato supera addirittura il 150%. Ciò significa per due posti regolamentari, nelle carceri pugliesi, vivono 3 persone. Gli abitanti delle celle in Italia sono più di 60.000, a fronte di soli 48.000 posti disponibili. Il dato è ancora più preoccupante se si considera il modo in cui questa percentuale viene calcolata: la capienza regolamentare delle carceri è legalmente di 3 metri quadrati per ogni detenuto, spazio in cui una vita di certo non può esprimersi al meglio. Questo chiaramente rende le condizioni di detenzione invivibili. Ed è un problema di cui nessuno si cura. Lo Stato italiano fa continuamente finta di non vedere le condizioni di vita di chi abita le carceri, perché tanto “si meritano di stare lì a marcire”, comportandosi più da punitore che da rieducatore. Infatti l’altro dato preoccupante è la carenza di educatori che ci sono nelle carceri italiane. In media c’è un educatore ogni 83 detenuti (dati riportati da Antigone nel 2021). Solo che, anche qui, la distribuzione non è omogenea. Spesso la situazione è peggiore di quanto si racconti. A Rebibbia, ad esempio, la media è di un educatore ogni 150 detenuti. A Bari, uno ogni 220.
Queste condizioni invivibili, l’impossibilità di rieducarsi, la narrazione che addita costantemente come mostro chi vive in cella, hanno fatto sì che il tasso di suicidi nelle carceri italiane sia 20 volte superiore alla media nazionale. Solo nel 2024 ci sono stati 24 suicidi. Una media di uno ogni 3 giorni.
Il sistema carcerario italiano deve cambiare. Altrimenti, oltre che inutile allo scopo rieducativo, è soprattutto dannoso per chi lo vive.
Siamo stati felicissimi di vedere la realtà di Paliano, dove ci siamo sentiti a casa. Dove gli stessi detenuti, avendo la possibilità di rieducarsi davvero grazie al costante impegno della direttrice Anna Angeletti, si sentono a casa. È stato però impossibile non pensare che si tratti di una realtà a sé, unica, che invece dovrebbe essere esempio e modello. Bellissimo ascoltare le storie dei detenuti, speriamo di non dover più sentire quelle dei detenuti morti suicidi.

Raffaele E.
Lorenzo V.
Matilda B.
Nicole M.
Alessio G.
Edoardo A.

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