Nel corso dei primi anni 30’ dell’Ottocento abbiamo una serie grandi di cambiamenti in Gran Bretagna la quale, soprattutto grazie al consolidarsi della rivoluzione industriale, diventò una delle nazioni più potenti al mondo. Ma se da un lato l’industrializzazione portò ricchezza e il consolidamento della ricca borghesia vittoriana, dall’altro determinò il costituirsi del proletariato urbano e il progressivo degrado delle condizioni sanitarie ed economiche, causando nell’isola britannica un degrado sociale e morale dapprima sconosciuto.
Tale degrado fu denunciato dagli intellettuali dell’epoca come, per esempio, il poeta e artista William Blake che, attraverso la sua poesia London, ci mostrò la faccia nascosta del progresso industriale, ponendo in primo piano la corruzione delle istituzioni e le conseguenze sui più deboli come i bambini, costretti addirittura a prostituirsi, inasprendo la già aggravata situazione della sifilide, la “Harlot’s Curse”.
Gli artisti sentirono il bisogno di manifestare il proprio disagio dovuto all‘inarrestabile progresso scientifico e tecnologico che aveva spogliato la natura del suo alone di mistero e bellezza, fondamento e pilastro cruciale della visione romantica. Pertanto grazie all’unione dell’amore per la patria e per la storia, valori portati avanti dalla Rivoluzione francese, e alla concezione panteistica del mondo, già radicalmente diffusa, si andò definendo, durante il Romanticismo, l’arte paesaggistica.
Sebbene considerata una corrente minore, limitata finora a mestieranti che si guadagnavano da vivere attraverso vedute pittoresche di parchi, boschi, laghi o dimore di campagna, la pittura di paesaggio acquistò una nuova importanza a partire XVIII secolo quando grandi artisti, se così si può dire, ripresero a ritrarre paesaggi, come nel caso Thomas Gainsborough. Proprio egli è considerato uno degli autori più esperti del tempo, nonostante i suoi lavori siano per lo più semplici acquerelli, ed i personaggi risultano tropp
o statici oltre che leggermente deformi, come ad esempio “I Coniugi Andrews”, ed immersi in scene oniriche, dai colori a volte troppo chiari e sfumati.
La vera svolta di questa corrente avvenne però con William Turner (1775-1851) e John Constable (1776- 1837) che riusciranno a portare la pittura paesaggistica a livelli tali da poter competere con gli antichi quanto a bellezza, nonostante ovviamente le profonde diffrenze stilistiche.
Benché la differenza d’età tra i due sia marginale, si pongono uno agli antipodi dell’altro. Corpulento e pingue il primo, elegante e raffinato il secondo. Le origini di Turner erano umili, figlio di un barbiere, inziò da solo la sua formazione, per poi diventare, appena quattordicenne, il più giovane artista ammesso alla Royal Academy, desideroso di dimostrare al mondo che la pittura inglese avrebbe potutto eguagliare e persino superare, la grandezza dei grandi artisti del passato.
Turner fu sempre un eccentrico anticonformista e solitario, non ebbe moglie, preferendo la compagnia della sua arte a quella umana; l’esatto contrario di Constable che proveniva da una ricca famiglia borghese di campagna, precisamente dell’Est dell’Inghilterra, che si sposò felicemente ed ebbe diversi figli. Entrambi però, furono accomuntai dalla costante ricerca di qualcosa oltre il singolo paesaggio e non della semplice bellezza naturale.
Turner trae ispirazione dalla tradizione biblica, dalla storia e dalla mitologia per le sue opere, raccontando i principali cambiamenti ed avvenimenti della società del suo tempo.
Secondo Constable, invece, la tradizione proposta da Turner è solo un impedimento. Egli vuole essere il più fedele possibile alla realtà, e per questo lavora spesso all’aria aperta, immortalando il mondo che lo circonda con agili schizzi d’olio che poi completa in studio. Al contrario di Turner, il quale raramente dipinge all’aperto, concedendosi una grande licenza artistica per trasmettere poesia e stati d’animo.
Se confrontiamo le opere di Turner, il quale viaggiò per tutta Europa rischiando persino la vita attraversando le Alpi per dipingere sublimi acquerelli, con i semplici paesaggi di Constable, che sposerà l’idea della sua contemporanea Jane Austen viaggiando poco e trovando se stesso nel luogo in cui nacque, questi ultimi ci sembreranno probabilmente troppo modesti e rurali.
Constable rappresentava la quotidianità, la semplicità dei paesaggi che aveva vissuto, spesso filtrati da una certa nostalgia e al tempo stesso quiete, producendo luoghi forse troppo idilliaci, perfetti, sia nelle figure che nei colori, come ad esempio nel “Mulino di Flatford”.
L’eccessiva ricerca del vero fece sì che Constable non si ponesse totalmente in linea con quell’innovazione rivoluzionaria richiesta dal tempo, esclusa quella legata alla rottura delle convenzioni geometriche, lasciandolo all’ombra del più “moderno” Turner, che vinse il confronto offrendo una pittura che fu preludio dell’Impressionismo, come si osserva in dipinti come “Pioggia, vento e velocità” o “Luce e colore al mattino dopo il diluvio (la teoria di Goethe)”
L’arte di Constable appare più “arcadica” e “più studiata” a primo impatto, istantanee della vita di un tempo, che non offrono certamente la dinamicità delle opere di Turner, uniche nel loro genere e che risultano provenire da esperienze estreme. Tele caratterizzate da una tempesta di colori e schizzi che avvolgono lo spettatore, lasciando svanire la ragione nel mare dell’immaginazione.
In conclusione credo sia impresa impossibile affermare quale dei due artisti sia migliore rispetto all’altro, il gusto è infatti strettamente personale, ed altrettanto personale è la scelta tra lo stile emotivo di Turner e quello emozionante e pittoresco di Constable.
Matteo 5SA