IL DOLCEAMARO RAPPORTO SCIENZA-POLITICA

Paura, incertezza, terrore, sono solo tre dei molti elementi che hanno caratterizzato, durante il corso della nostra storia, il clima di tensione che si è instaurato tra scienza e politica. Molteplici sono stati gli anni durante cui l’ignoranza, la rigidità mentale e la forte aderenza alla tradizione non hanno dato la possibilità alla società di evolversi e di migliorarsi, di accantonare quel dogmatismo cinquecentesco su cui uomini, donne, prelati e nobili facevano affidamento.

Può sembrare assurdo, impensabile, già, ma la situazione era proprio quella descritta. Impensabile era, per l’epoca, che scienziati si ribellassero alla “Chiesa-sovrano”, che questi ultimi combattessero per affermare ciò in cui credevano e per cui avevano lottato per tutta la loro vita e che, attraverso la scienza e la matematica, erano riusciti a dimostrare sperimentalmente. Oggi la situazione è ben diversa, è vero. Durante gli ultimi anni di gestione della pandemia, ci siamo abituati ad osservare leader politici di tutto il mondo prendere le decisioni a fianco di uno scienziato. Decisioni che hanno avuto un impatto diretto sulla vita e sulla salute di centinaia di milioni di persone e generato effetti trasformativi su comportamenti e ricchezza, tali da suscitare nel tempo aspri dibattiti tra i media e tra la gente. Ciò non deve stupirci, non può meravigliarci: le persone, durante un’emergenza come la pandemia, si aspettano che gli scienziati mettano a disposizione della società le loro conoscenze di utilità pratica, che i politici prendano le decisioni sulla base dei dati scientifici ricavati, e che i cittadini rispettino le regole al fine di minimizzare i danni. Il raggiungimento di questi obiettivi stabiliti è possibile, ma solo se tra scienza, politica e cittadini si instaura un rapporto di reciproca fiducia. Può sembrare banale ma la nostra storia è costellata di un’infinità di esempi di sfiducia nella ricerca scientifica da parte di vari settori della società e della politica.

Durante il XVII secolo, per la prima volta, gli uomini hanno sentito l’esigenza di un cambiamento. “Il secolo dei lumi” ha portato l’uomo a rivalutare sé stesso e la Natura, il cui mutamento è divenuto fonte di dubbi, perplessità, curiosità, “elementi-motore” che hanno dato avvio agli ingranaggi della ragione umana e che hanno spinto noi esseri umani ad indagare la realtà naturale, non più considerata una matrigna ostile e avversa, ma una madre comprensiva e affettuosa. L’uomo è risorto.

Galileo Galilei, padre della scienza moderna, ha combattuto per il raggiungimento dell’indipendenza scientifica e per quella stessa “libertà della scienza” ha lottato, per tutta la sua vita, R. Levi Montalcini. Galileo si è contraddistinto per la sua lungimiranza, per il suo approccio scientifico e metodologico alla realtà, una realtà a lui “sfasata” (come era successo anche per Machiavelli) che non riesce a comprendere e che, dunque, lo contrasta.

Primo fra tutti Bertolt Brecht, noto drammaturgo tedesco vissuto durante il Novecento, ci ha appassionato alle vicissitudini di un Galileo grande, grandissimo, proprio come la sua profonda umanità, amante e conoscitore dell’arte, della “dolce vita” e del buon vino. Un uomo molto vicino a noi, nobile cortigiano figlio del proprio tempo nel bene e nel male, avido di prebende, capace di mirabili intuizioni, ma incapace di svilupparne e comprenderne le conseguenze. Galileo, grande scienziato e geniale polemista, si è schierato contro l’oscurantismo e quel dogmatismo che, inconsapevolmente, dilaniava e lacerava intere società. 

Ai nostri giorni, sosterrebbe Galilei, scienza e politica devono collaborare tra loro per mettere in atto piani di azione validi, efficienti ed immediati, al fine di garantire il bene proprio e altrui e la salvaguardia del nostro Pianeta. Sono della stessa opinione: credo che, oggigiorno, la scienza sia diventata uno strumento fondamentale che, dal passato e dalle ricerche compiute, si è migliorata, evoluta, e sta contribuendo a “sollevare” il nostro Pianeta da quella crisi ambientale emergente a cui bisogna al più presto trovare una soluzione. Attingendo dal passato, gli scienziati e i politici ci stanno invitando ad agire nel nostro presente, al fine del raggiungimento di un obiettivo collettivo: salvare il nostro futuro e quello delle generazioni a noi seguenti. Il rapporto dolceamaro tra scienza e politica che ha caratterizzato il XVII secolo ha raggiunto un suo equilibrio: la scienza è divenuta uno strumento fondamentale senza cui i politici non possono agire e prendere decisioni corrette.

Vittorio, 4G

 

 

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