– Bentornati! – sembrava esclamare il Vito al principio del nuovo anno scolastico, il quale veramente più di ogni altro possiamo definire “nuovo” perché fra rigide regole abbiamo osservato fin da subito delle novità: si respirava un’aria diversa, a partire dalle mascherine, per colpa delle quali, non solo ci mancava l’aria, ma soprattutto i sorrisi e le risate.

Purtroppo, dopo non molto tempo, abbiamo dovuto riabbandonare la scuola per una seconda volta: ancora adesso la didattica si svolge a distanza, come durante la scorsa primavera.

In particolare durante il lockdown di marzo, gli schermi erano il nostro principale contatto con il mondo esterno: per via web si lavora, si svolgono le video-lezioni, si parla con amici e parenti. 

In casa siamo al sicuro e non ci preoccupiamo di quel che succede fuori, così via via ci dimentichiamo del “fuori” e ci assuefacciamo alla comodità del nostro divano; non dovremmo, però, dimenticare chi si è messo in prima linea nella battaglia contro il virus.

Noi, studenti della 2A, abbiamo organizzato con entusiasmo un nostro progetto, “Dall’altro lato”: nella sessione di Public Speaking tenutasi sulla piattaforma Meet, alcuni ragazzi, in qualità di oratori, hanno introdotto i discorsi degli ospiti, ai quali tutti abbiamo potuto porre interessanti curiosità.

Si ringrazia la partecipazione delle psicologhe Federica Benvenuto e Luciana Cerreti, della preside Emilia d’Aponte, della dottoressa Elisabetta Abruzzese e del vicesindaco Ivan Boccali.latoVorrei iniziare condividendo una riflessione della psicologa Benvenuto, la quale si chiede se gli alunni delle prime classi degli istituti scolastici riusciranno a formare un solido gruppo: infatti, è proprio nella complicità con un compagno di banco, nel passaggio di una gomma o di una chiacchiera segreta durante la lezione, che ci si conosce.

Le piccole libertà, che ora ci sono precluse, le scopriamo adesso: nel frenetico ritmo della vita fra mezzi pubblici e locali non potevamo far caso alle piccole cose, ma ora abbiamo nostalgia delle parole, delle risate, della sola presenza di un compagno…

Ci mancano addirittura i professori, i quali mostrano il loro lato umano, infatti, come ci fa notare la preside, non hanno sempre i registro sotto il braccio: a volte si sentono le voci dei loro figli e altre squilla un telefono; ci accorgiamo di una vita privata vicina alla nostra e paradossalmente condividiamo la solitudine insieme. 

Se fisicamente siamo lontani, forse in realtà ci siamo avvicinati: in passato gli umani si riunivano in tribù per cercare cibo, difendersi dalle bestie e aiutarsi in condizioni climatiche avverse, ora, nel momento del bisogno, ci uniamo mostrando la nostra vera natura e, aldilà dei conflitti fra i vari popoli, dalla stessa parte combattiamo contro il virus.

Ritrovandoci nelle stesse condizioni e vedendoci ciascuno dalla rispettiva casa, si crea un’atmosfera familiare e confortevole, lo stesso vale per lo sportello d’ascolto: la psicologa testimonia che, nonostante la lontananza, durante gli incontri online ci si sente quasi sotto lo stesso tetto: nelle nostre case appariamo come siamo, mostriamo il nostro lato più vero, sia esteriormente sia interiormente. 

Nella radicata natura sociale s’inserisce la tecnologia: disperatamente usiamo i “device”, nodi di una rete telematica, come punti di congiunzione di un tessuto sociale.

L’uso improprio che facevamo dei dispositivi elettronici, fra giochi e applicazioni inutili, adesso diventa involontariamente vitale, unica occasione di contatto, seppur virtuale, con gli altri; si avverte sicuramente una sensazione di lontananza, ma aspettando cresce il desiderio: quando tutto finirà non vedremo l’ora di rivederci, noi, amici, parenti, compagni.

Il rientro a scuola è stato forse un crudele scherzo perché, dopo un’estate di quasi libero divertimento, credevamo di tornare alla normalità, invece, ci ritrovammo catapultati in un altro mondo, a seguire le lezioni dentro delle “cleanroom”: rispettando le fasce orarie, centinaia di pazienti aspettavano all’entrata di un ospedale, il liceo Vito Volterra.

Successivamente siamo finiti dalla padella alla brace: tutti a casa. 

L’avviso è passato rapidamente fra i messaggi dei gruppi di classe, ma senza punti esclamativi: non avevamo più la stessa euforia, quella soddisfazione di poter saltare la scuola un paio di giorni, per esempio per via dell’assenza d’acqua; al contrario, eravamo -e siamo- stanchi!

Inizialmente si respirava un’aria allegra e viva, fra le melodie e le canzoni di chi aveva il coraggio di fare spettacolo sul balcone; ora non abbiamo più neanche la forza di sdrammatizzare, poiché l’atmosfera diventa sempre più cupa e quasi perdiamo la speranza. 

In cosa sperare? 

Dobbiamo sperare nel lavoro di persone come gli ospiti del progetto “Dall’altro Lato”.

Noi, in qualità di cittadini responsabili e consapevoli, ci dovremmo affidare alle istituzioni, le quali, anch’esse hanno la responsabilità di tutelare la nostra salute; intanto, attendiamo una cura che possa mettere fine ai contagi e inaugurare l’inizio degli abbracci!

In futuro ci lasceremo tutto alle spalle, ma non dimenticheremo ciò che è successo, forse abbiamo già imparato qualcosa…