Il 13 giugno 2023 si spegne la vita di un’altra ragazza, Giulia Capraro, morta in un incidente d’auto. Giulia è solo una dei 1384 morti in incidenti stradali che si sono registrati nel primo semestre del 2023. Ma non per la sua famiglia, non per i suoi amici, non per me che ero presente alla festa a cui lei stava andando. Giulia era arrivata alla festa di fine anno della scuola, aveva salutato i suoi amici, ed era pronta per andare a divertirsi, quando, accorgendosi di aver dimenticato il biglietto a casa, decide di tornare a prenderlo con il fidanzato ed un amico. Giulia non tornerà mai più nè a quella festa né dai suoi amici. Io quella sera ero lì, stavamo ballando, ci stavamo divertendo, poi tutto si è interrotto e abbiamo appreso la notizia che una ragazza del liceo Ugo Foscolo era deceduta.

In quel momento tutto è cambiato, il tempo si è fermato ed è stato come trovarsi in bilico tra realtà e illusione: un mondo in cui tutto continuava a procedere: le luci, i bisbigli, il rumore dei bicchieri, dei tacchi sul pavimento e delle auto fuori che circolavano, eravamo noi ad esserci fermati, sembrava che il tempo dentro ognuno dei presenti si fosse arrestato. L’incredulità era stampata sul volto di tutti come se con un tacito accordo avessimo deciso di non crederci, non poteva essere successa una tragedia simile. La realtà era però ben diversa e quando ce ne siamo accorti quello stato di trance si è spezzato e le emozioni hanno iniziato ad investirci. Ho visto la paura sul volto di alcuni che si chiedevano se la ragazza deceduta fosse una loro amica, una compagna di classe o la ragazza con cui un paio di volte avevano scambiato qualche parola di sfuggita sull’autobus, ma la cui scomparsa li avrebbe comunque in qualche modo segnati. Ho visto il dolore sul viso di ragazzi con sguardi vuoti e spenti, che avevano avuto la triste notizia che quella giovane era proprio la loro amica, con cui, fino ad un ora prima, avevano parlato, dando per scontato che si sarebbero rivisti di lì a poco. Io Giulia non la conoscevo, eppure la sua storia mi ha particolarmente segnato.

Lei al tempo era poco più grande di me, appena di un anno, e anche lei era andata a quella festa con il solo scopo di divertirsi. Il primo pensiero che si è materializzato nella mia mente è stato: ”In quella macchina ci sarei potuta essere io, la mia migliore amica o i miei genitori, e quel dolore che vedo stampato sui loro volti, avrebbe potuto attraversare il mio”. Tutto improvvisamente mi è sembrato reale. Non pensiamo mai che una disgrazia ci possa colpire in prima persona fino a quando effettivamente non ci accorgiamo che nessuno è immune, e io me ne sono resa conto quella sera. Eppure di storie di incidenti stradali ce ne sono tante, tutte diverse, accomunate dallo stesso straziante dolore di chi resta che deve fare i conti con la realtà.

Adriano Suppressa stava andando al mare di Terracina, per raggiungere sua moglie e i suoi due figli: Massimiliano e Cristian, quest’ultimo di appena sei mesi. Il giovane uomo infatti, che come lavoro faceva il portiere d’albergo, alzandosi presto tutte le mattine, aveva programmato di passare un piacevole weekend di riposo dopo una lunga settimana di lavoro. Adriano si è sentito male mentre era al volante, un attacco cardiocircolatorio, ma non è stato questo a costargli la vita: non ha fatto in tempo a frenare e un camion lo ha colpito. L’uomo a causa dell’impatto è stato spinto prima verso il lato del passeggero per poi urtare violentemente il capo sullo sportello del lato del guidatore. Ha riportato un trauma cranico, è stato portato all’ospedale di latina, doveva essere trasportato a Roma, ma lì, purtroppo, non ci è mai arrivato. Adriano Suppressa era mio nonno ed è morto in un incidente stradale nel luglio del 1975.

Quando perdi qualcuno porti il segno di quella perdita per sempre, il dolore ti cambia dentro, lasciando cicatrici profonde che continuano a sanguinare anche con il passare del tempo, causando sofferenza a moltissime famiglie, come è successo a quella di Giulia e alla mia. Ho sentito raccontare la morte di mio nonno solo una volta, ed è stato come se nell’aria fosse calata un’atmosfera cupa permeata di dolore. La voce di mia nonna era spezzata, il respiro pesante, gli occhi lucidi velati da un’ombra scura, gli stessi occhi dentro i quali ho letto mille domande, che non ha mai avuto il coraggio di esprimere a voce alta, e che purtroppo non avranno mai risposta: “Se non ci fosse stato quell’incidente sarebbe ancora vivo?” oppure “Se non fosse venuto da noi, oggi sarebbe ancora al mio fianco e i miei figli sarebbero cresciuti con un padre?”. Sono i “se” che ti mangiano da dentro, inizi a immaginare mille scenari diversi dall’unico che non riesci ad accettare, ma anche l’unico che rappresenta la dura realtà. E non puoi fare nulla, nonostante daresti tutto, per riportare indietro quel marito, quella figlia, quell’amore, che ti sono stati strappati davanti agli occhi.

Eschilo, un drammaturgo greco antico, diceva: “Soffrire per comprendere, comprendere soffrendo”, individuando dunque nella sofferenza l’unica strada possibile da percorrere per giungere alla conoscenza. Egli affermava che la capacità che hanno gli uomini di sopportare è un dono concessogli dagli dei per affrontare i dolori umani spesso “irrimediabili”. Sopportando si riesce a imparare che l’avvento di ogni dolore porta con sé anche qualcosa di “utile”. E’ vero la sofferenza ha segnato per sempre la vita degli affetti di Giulia, e della mia famiglia. Il dolore li ha resi più coscienziosi, gli ha ricordato che quando si guida si deve prestare la massima attenzione. Mia nonna prima di guidare controlla minuziosamente che tutto sia in ordine, che gli specchietti retrovisori siano ben posizionati, si assicura che tutti i passeggeri abbiano la cintura di sicurezza, anche chi si siede nei sedili posteriori, non guida di notte e rispetta tutti i limiti di velocità. Questo sicuramente denota una grande responsabilità, ma la sua meticolosità è dovuta anche alla sua esperienza.

Mio padre invece non guida, non ha mai voluto prendere la patente, non posso sapere se questa scelta sia implicitamente collegata a quell’avvenimento, ma sicuramente deve averlo influenzato. Al tempo stesso però quel dolore ha instillato nell’animo di chi ha subito la perdita, quella paura che non muore mai di rivivere un giorno la stessa straziante sofferenza, infatti mia nonna guarda ancora ripetutamente l’orologio quando l’altra suo figlio, che prende la macchina per andare al lavoro, tarda a tornare a casa Quindi io mi chiedo, e chiedo a te caro lettore, la sofferenza e la sopportazione sono davvero le uniche strade percorribili affinché diveniamo consapevoli dei pericoli che corriamo quotidianamente quando guidiamo? è vero il dolore può renderci più profondi, ma è davvero necessario?

Nel 2022 sono 3.159 i morti in incidenti stradali in Italia, il che vuol dire che 3.159 famiglie hanno visto la loro vita sgretolarsi a causa della perdita di qualcuno a loro caro. Tra i comportamenti che più spesso portano al verificarsi di questi incidenti vi è la distrazione, perche magari stiamo pensando a cosa potremmo indossare quella sera; il mancato rispetto della precedenza e la velocità troppo elevata, perchè “oh no cavolo ho fatto tardi, è un appuntamento importante devo essere assolutamente puntuale”; l’uso mancato della cintura di sicurezza perchè “tanto devo andare solo a mettere benzina” oppure “è scomoda non la metto, tanto questa strada la ho fatta un milione di volte”. A ciò si aggiunge l’incoscienza di molti giovani, che decidono di mettersi alla guida sotto effetto di alcol e droghe, invece che prendere un taxi oppure fare a turno per chi dovrebbe guidare.

Una guida responsabile è fondamentale per la sicurezza di tutti, e spero che le parole che ho scritto, caro lettore, tu le abbia interiorizzate. Non desidero che siano semplice inchiostro su carta, ma che riescano a far riflettere, anche i più giovani, su quanto sia importante prestare attenzione quando si guida, perché credo che non solo attraverso il dolore siamo in grado di imparare, e soprattutto perché non rispettare le regole della strada corrisponde a giocare alla roulette russa con la propria vita e con quella altrui. Se non si ha rispetto per se stessi, se ne dovrebbe avere almeno per gli altri, e ricorda sempre che tra quelle 3.159 vittime un giorno potresti esserci tu che stai leggendo o qualcuno che ti è caro.

Giulia S.

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