La notte tra il 10 e l’11 maggio 2024 i cieli italiani si sono tinti di rosso.

In diversi punti dello stivale, infatti, è stato possibile assistere a luminescenze tipicamente nordiche, simili ad un’aurora boreale. Il fenomeno, indubbiamente atipico a queste latitudini, non è stato tuttavia totalmente inaspettato, poiché già il 9 maggio lo Space Weather Prediction Center (SWPC) della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) aveva lanciato un’allerta che preavvisava l’arrivo sulla Terra di una tempesta solare di intensità superiore alla media, di classe G3 (‘’forte’’) o addirittura G4 (‘’severa’’).


Il fenomeno osservato non è stato tuttavia un’aurora boreale vera e propria, ma è ascrivibile al SAR, anche detto Arco Aurorale Rosso Stabile, spesso confuso con l’aurora boreale poiché anch’esso osservabile in occasione di tempeste geomagnetiche di portata consistente. Si tratta di un fenomeno frutto di dinamiche innescate nelle fasce di Van Allen, zone della magnetosfera terrestre in cui si accumulano particelle cariche (plasma) di provenienza solare, che ruotano attorno alla Terra creando dei flussi circolari di cariche con il nome di ‘’correnti ad anello’’ (correnti di fatto stabili ma ubicate ad altissima quota rispetto alla superficie terrestre). Quando un importante flusso di materiale proveniente dal Sole colpisce la Terra esso dunque interagisce con  il campo magnetico terrestre, che si indebolisce abbassando la quota di queste correnti ad anello, le quali trasferiscono energia termica all’atmosfera dando origine agli archi luminosi rossi che abbiamo osservato. 

Quando si parla più specificamente di aurora boreale, invece, si fa riferimento ad un fenomeno che si origina nella collisione e nell’interazione tra le particelle cariche del vento solare e gli atomi di ossigeno e azoto dell’atmosfera terrestre. Il vento solare è infatti un flusso di particelle cariche (in particolare protoni, elettroni e ioni di elio) allo stato fisico di plasma che viene emesso continuamente dalla corona solare e viaggia nello spazio interplanetario con una velocità di circa 200-900 km/s. L’origine dei flussi di vento solare più recenti è il complesso di macchie solari AR3664, estesissimo a causa dell’avvicinarsi del periodo di maggiore attività magnetica della nostra stella. Se il vento solare giunge fino alle magnetosfera terrestre, nello scontro con essa (nella zona detta‘’onda d’urto’’) viene deviato verso le regioni polari, dove il campo magnetico è più debole. Il vento così supera la magnetosfera e reagisce con i componenti dell’atmosfera, originando quella che si definisce tempesta solare: le collisioni con le particelle cariche eccitano gli atomi, che poi rilasciano energia sotto forma di luce mentre ritornano al loro stato fondamentale.


Le tempeste solari, nonostante il nome vagamente inquietante, non sono dannose, e anzi non sortiscono alcun effetto sugli esseri umani, ma possono risultare deleterie per gli apparecchi elettronici e le comunicazioni radio e GPS e causare blackout alle reti elettriche. 

A differenza dei SAR, sempre rossi, l’aurora boreale può essere di diversi colori a seconda dei gas dell’atmosfera con cui le cariche reagiscono: la reazione con l’ossigeno, ad esempio, produce aurore rosse o verdi (se a basse latitudini), la reazione con l’azoto dà invece origine a luminescenze blu o violette. Anche le aurore, inoltre, possono essere avvistate a latitudini più basse rispetto a quelle delle regioni polari, ma ciò avviene solo in caso di tempeste magnetiche particolarmente forti, in corrispondenza di un’attività solare molto intensa. 

Ebbene, la tempesta solare giunta sulla superficie terrestre il 10 maggio ha dato origine sia ad aurore boreali – a latitudini più alte rispetto a quelle del centro-sud Italia, ma in ogni caso più basse del solito – sia ad archi aurorali stabili, di colore rosso, come quelli che con grande stupore siamo riusciti ad osservare persino a Roma e dintorni. 

Beatrice C.

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