Orientamento universitario, mercato del lavoro e gender gap negli atenei: come vengono percepiti dagli studenti del Volterra?

L’orientamento universitario, negli ultimi anni, ha assunto un’importanza fondamentale nelle scuole secondarie di primo e secondo grado, al fine di garantire agli studenti gli strumenti per compiere scelte consapevoli e mirate riguardo al proprio futuro. La scuola ha, quindi, l’arduo compito di indirizzare lo studente verso ciò che più si confà alle proprie inclinazioni e competenze; tuttavia, secondo gli studenti del nostro liceo, ai quali la redazione scientifica ha rivolto un sondaggio, essa non assolve questo compito con la dovuta efficacia. 

Su un campione di 126 studenti, infatti, l’88,9% pensa di intraprendere comunque un percorso universitario, ma il 51% è dell’idea che la scuola, con attività di orientamento e PCTO, abbia influito in maniera quasi nulla sulla scelta a cui si è necessariamente chiamati postdiploma. Sono altri, a detta degli stessi studenti, i fattori che influenzano maggiormente la decisione: in primis passioni, attitudini e interessi personali; in seconda istanza le possibilità di guadagno e il mercato del lavoro. Quest’ultimo, in particolare, sembra essere un elemento fondamentale per gli studenti: in un momento in cui il mondo professionale è in continua evoluzione, il lavoro dei sogni lascia spazio alla richiesta di mercato, che produce settori più redditizi di altri, sui quali, di conseguenza, molti ragazzi si orientano. Alla domanda ‘’Quanto il mercato del lavoro ha influenzato la tua scelta?”, dunque, il 28,6% degli studenti  risponde ‘’molto’’ , il 7,6% ‘’moltissimo’’ e solo il 12,6% risponde ‘’pochissimo’’ : è purtroppo molto difficile svincolarsi dalle dinamiche di mercato ed intraprendere un percorso di studi sulla sola scorta delle passioni.

A questo proposito, abbiamo ottenuto dati più specifici per quanto riguarda il nostro istituto, un liceo scientifico frequentato per la maggior parte da ragazzi e ragazze orientati verso materie STEM. Eppure non sempre l’approfondimento delle materie scientifiche ha indirizzato gli studenti verso corsi di laurea dello stesso ambito, anzi, nel 23% dei casi ha sortito l’effetto opposto. Questo dato è attribuibile a diversi elementi: alcuni studenti hanno perso l’interesse verso le materie scientifiche nel corso del percorso liceale, altri, a causa di una scelta avventata o obbligata alla fine delle scuole medie, si sono trovati in una scuola che non rispecchia i propri interessi e le proprie inclinazioni, procedendo per inerzia e sviluppando una sincera avversione nei confronti delle materie di indirizzo. 

Ciò che, in ogni caso, appare chiaro dai dati più recenti è che l’area STEM sia, in termini occupazionali, la più redditizia e che, tuttavia, all’interno degli atenei ci sia un distacco piuttosto netto tra il numero di ragazzi e di ragazze che frequentano le facoltà di quest’area. Secondo un’indagine Istat del 2021, infatti, ‘’su 100 donne laureate, solo 16 ottengono un titolo terziario nelle competenze tecnico-scientifiche STEM (pari a circa 38 mila donne), mentre su 100 uomini laureati quelli che lo sono in tale ambito raggiungono i 35 (pari a circa 59 mila uomini)’’. Il divario tra i due sessi è dunque ben visibile, ed è ascrivibile a stereotipi di genere ben celati sotto la convinzione che le ragazze siano maggiormente portate per le discipline umanistiche ed i ragazzi prediligano invece materie del settore tecnico-scientifico. Convinzione che, fortunatamente, inizia ad essere smentita dai fatti: negli ultimi 3 anni il numero di laureate in ambito STEM sembra essere in aumento, sebbene non abbia ancora colmato il ‘’gender gap’’. 

Anche gli studenti del nostro liceo hanno espresso le proprie aspettative in merito alla questione di genere negli atenei e, in effetti, il 35,6% non crede che la facoltà scelta sia frequentata in egual numero da ragazzi e ragazze, nella maggior parte dei casi per ragioni sociali e culturali. 

Ebbene, siamo consapevoli che ogni cambiamento reale arrivi dal basso, dunque da noi giovani: ci auspichiamo che questi dati possano essere lo stimolo per una riflessione profonda sulla situazione italiana riguardo il ruolo della scuola nel percorso universitario prima, lavorativo poi; o sulla considerazione che le proprie inclinazioni dovrebbero prevalere su ciò che sembra essere più redditizio economicamente, o ancora per quanto concerne gli stereotipi di genere, anacronistici e fuori luogo, e la necessità di estirparli. 

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