PRIDE Sì, PRIDE NO
Dato che per questo numero di fine anno l’intero giornalino si è mobilitato e, forse, anche perchè è quasi il mese di giugno, pride month, mi sembrava giusto parlare di questa tematica. Lo so, lo so, può sembrare un argomento trito e ritrito, e magari per alcuni di voi lo è anche, ma vorrei dire la mia e, magari, avere un confronto con voi tutti, uno scambio costruttivo di idee.
Allora, innanzitutto bisogna dire che il pride, inteso come manifestazione in sè per sè, è un argomento abbastanza soggettivo e va benissimo così: ognuno ha il suo metodo per esprimersi, ognuno ha il suo stile di supporto ed ognuno apprezza le varie interazioni in modo diverso. Non c’è un modo giusto ed uno sbagliato per essere sé stessi, così come non c’è un obbligo a fare coming out con tutti o con alcune persone. Ogni persona vive, e vede, la questione secondo il proprio carattere ed il proprio modo di vivere Io, personalmente, sono più che a favore. Forse un po’ scontato, in fondo sto letteralmente scrivendo un articolo per questo, però ci sono veramente dei buoni punti, alcuni oggettivi altri meno, secondo cui, almeno per me, il pride dovrebbe continuare ad esistere, a camminare per le strade della varie città, a mostrare le varie bandiere.
Innanzitutto, è da ammettere che attraverso il lavoro di attivisti e delle varie testimonianze diverse si sono fatti dei passi avanti: qualcosa è cambiata nella mentalità collettiva, ci siamo mossi verso una società più inclusiva (e questo proprio in generale) e, soprattutto, ora si sa della nostra esistenza, ora ci si sente meno soli. Tutto ciò si condensa all’interno degli ideali del pride, all’interno del motivo per cui nel lontano 1969 a Manhattan è iniziata questa manifestazione che, ancora oggi, continua ad esserci per tutti noi.
Ed ecco, questo è esattamente il mio secondo punto a favore del pride: mi permette di vedere altre persone come me, di vederle felici con quel che sono e, magari, di vederle con qualcuno che le accetta e tiene per davvero a loro. In fondo per me è proprio questa la cosa fondamentale, più che il messaggio (non per questo meno importante), più del gridare al mondo che ci siamo: quei “non sei solo” e “puoi raggiungere la normalità e la felicità anche tu” magari sussurrati, magari no, la speranza che le cose cambino, che io possa smettere di avere paura in certi luoghi e certi ambienti.
Nicole II SINT