Ci sono storie che, tenaci, resistono a generazioni e a cambiamenti della società; storie dalla morale imprescindibile che sembrano attuali in ogni epoca, storie che il tempo non può scalfire.
Questo è il caso di Ritorno al Futuro. Ambientato nel 1985 e poi nel 1955, Ritorno al Futuro non trasmette spiritualità come Siddharta, tantomeno lancia messaggi universali come Orgoglio e Pregiudizio. Tuttavia questo film, nonostante abbia ormai quasi quarant’anni, è diventato un cult del cinema, e viene ancora citato in tantissime serie tv moderne: basti guardare Tenet, o perfino Stranger Things. La celeberrima DeLorean è conosciuta anche tra i più piccoli, ed ogni riferimento a Doc strappa sempre qualche sorriso nostalgico. Ma se non si tratta della sua morale, allora perché Ritorno al Futuro ci piace così tanto?
La risposta è semplice: ha fascino. A partire dall’ossimoro nel titolo, tutto in questo film è accattivante. La trama sicuramente fa la sua parte: la storia di un adolescente che, nel tentativo di viaggiare nel futuro, finisce per incontrare i suoi genitori trent’anni prima, è innegabilmente rivoluzionario per l’epoca. L’invenzione geniale del regista, Zemeckis, è stata infatti quella di non ambientare il film centinaia di anni prima, come accadeva in molte opere fantascientifiche dell’epoca, ma di ambientarlo negli anni ’50. Il cambiamento nella società, nel vestire e persino nel parlare dal 1955 al 1985 è infatti affascinante, soprattutto agli occhi smaliziati di un ragazzino. Non è dunque difficile immaginare perché questo film attragga migliaia di sognatori da quasi quarant’anni.
Eppure non si tratta solo della storia: anche i personaggi, carismatici e con una forte chimica, sono stati fondamentali per il successo del film. Come si può dimenticare, infatti, il rapporto tra Martin e Doc, che, pur non avendo nulla in comune, sono comunque così vicini, così legati? E il personaggio di Martin in particolare, che, pur essendo un po’ stereotipato, presenta tuttavia elementi quali l’orgoglio e l’impertinenza che lo rendono più umano. Lascia a desiderare la caratterizzazione di altri personaggi, come i genitori di Martin, o del bullo Biff, che non hanno una profondità tale da permetterci di comprenderli del tutto, nonostante strappino comunque una risata.
Anche a livello cinematografico, il film non è niente male. Il regista, Robert Zemeckis, è riuscito a creare una sceneggiatura impeccabile, con incastri comici e colpi di scena ad orologeria. Per non parlare del ritmo narrativo, della perfetta successione di scene di intrattenimento, divertimento e perfino stupore, di cui i film di genere fantastico hanno sempre bisogno. Anche gli scrittori hanno svolto un ottimo lavoro: dialoghi e battute che sono rimaste nella storia, quali il “Grande Giove” e la celeberrima citazione “E’ meglio che mi dedichi a studiare l’altro mistero dell’universo, le donne” di Doc. E’ interessante anche lo studio effettuato sui viaggi nel tempo, in particolare il paradosso che spiega come la presenza di Martin nel 1955 finisca inevitabilmente per influenzare anche il 1985.
E’ un tema ripetuto nel corso del film: il passato e il presente condizionano il futuro, e da ogni nostra azione deriva una conseguenza. E’ proprio questo infatti il messaggio che il film vuole lanciare, un messaggio che forse non è rivoluzionario come quello di Siddharta o Orgoglio e Pregiudizio, ma che insegna a prendere in mano la propria vita, senza farsi frenare da dubbi o paure. Perché, come dice Doc, “Il vostro futuro non è scritto, il futuro di nessuno è scritto, il futuro è come ve lo creerete voi, perciò createvelo buono!”
Francesca 2 SINT