di Ivan C. (4SInt – 2019/20)
Sonetto VII, Hartley Coleridge
L’amore è un capriccio o un sentimento? Non è solo un gioco.
Esso è immortale come la verità più assoluta,
è diverso da un fiore, che con la vecchiaia perde i suoi
bei petali, poiché l’amore riesce a radicarsi persino in regioni aride, dove non scorre acqua, e dove la speranza soccombe alle tenebre.
È come un fuoco nell’oscurità, che leggero, danza su una tomba, senza rivelare nulla fuorché se stesso e la notte,
È questa l’essenza del mio amore, benché questo non possa morire né mutare, anche qualora ogni cosa intorno a esso tramutasse, anche se la più nobile bellezza sfigurasse,
anche se i giuramenti fossero falsi e la fede si rinnegasse, anche se il più intenso piacere fosse un suicidio,
e la speranza solo uno spettro nelle spoglie rovine.
Coleridge in questa lirica ci espone la sua visione dell’amore. Sin dal primo verso del sonetto l’autore precisala distinzione tra il vero amore e l’amore che nasce per gioco, come un capriccio. Da sempre all’amore sono state attribuite due sfaccettature, distinguendo l’amore spirituale da quello fisico. Questa divisione è chiara nell’opera “Amor sacro e amor profano” di Tiziano Vecellio (1515, olio su tela, 118 x 279 cm. Roma, GalleriaBorghese).
In quest’opera troviamo raffigurate due donne molto simili tra loro, che rappresentano da un lato la moglie del committente come sposa, e dunque l’amore profano, dall’altro Venere, che, affiancata da Cupido, tiene in mano la fiamma eterna, a raffigurare l’amore sacro. In quest’opera le due forme coesistono e sono tra loro equilibrate: nessuna delle due predomina sull’altra, e tantomeno una delle due sfaccettature è presentata negativamente rispetto alla seconda.
Spesso, in letteratura come nell’arte, l’amore “profano”, ovvero quello fisico, viene disdegnato, in quanto non moralmente elevato come quello spirituale, che risulta invece puro. Nel sonetto di Coleridge, parlando dell’amore come capriccio, l’autore fa riferimento alla mera passione fisica, all’attrazione destinata ad affievolirsi in poco tempo, e il poeta offre una connotazione negativa a questo tipo di amore, che non è minimamente in grado di porsi a confronto con “l’amore sacro”. Mezzo millennio prima i maggiori esponenti dell’amor cortese e poeti di grande rilievo come Dante e Petrarca, avevano giustificato questa superiorità. Alla base dell’amor cortese si trova il principio secondo cui il poeta, grazie alla dama e lodando le sue virtù, raggiungerà sempre più la perfezione morale, fino al congiungimento con Dio, fine ultimo dell’uomo e amore puro. Il piacere sessuale è dunque “fals’amor”, un amore fallace, destinato a un amatore di basso rango, che ha scelto una dama di poca virtù, e che non riuscirà a trarre benefici reali dalle sue esperienze.
L’idea di amore divino si perfeziona sempre di più, fino a giungere al massimo splendore con l’opera di Dante, per poi perdere terreno e lasciare spazio alla rivoluzione rinascimentale del pensiero e all’uomo, a cui sempre più appartiene il dominio del suo mondo. Sintesi di questa epoca di transizione, in cui dall’amorespirituale ci si avvicina all’amore passionale, è Torquato Tasso, che con la Gerusalemme liberata racconta di entrambe le sfaccettature assunte dall’amore, costringendosi però, sottoponendo l’opera all’Inquisizione, a condannare l’amore terreno. Risolve la questione ponendo quest’ultimo lontano dalla giustizia, ovvero nelle Isole Fortunate, dove si trova il giardino della maga Armida, tipico locus amoenus, in cui “vezzosi augelli temprano lascivette note”. Tra gli uccelli si distingue un pappagallo che canta in versi di una rosa che “quanto si mostra men, tanto è più bella”. “Cogliam la rosa in su ‘l mattino”, procede il pennuto, “che tosto il seren perde”, sottolineando come l’amore passionale sia destinato a morire insieme alla giovinezza.
Il topos letterario dell’amore spesso porta gli autori a chiamare in causa i fiori, come abbiamo avuto modo di constatare con i versi sopra riportati. Lo stesso avviene nel sonetto di Coleridge preso in considerazione, anche se con intenti opposti. Il poeta suggerisce infatti che l’amore non è come un fiore, che perde i suoi petali con il tempo e appassisce: “questa è la natura del mio amore, che non muterebbe neanche se la più nobile bellezza sfigurasse”. Inoltre l’amore a cui si riferisce cresce anche dove non scorre acqua, in regioni avverse. L’amore di Hartley Coleridge è un sentimento eterno e immortale, non soggetto al divenire. Anche se ogni cosa intorno a esso mutasse, l’amore non farebbe lo stesso, rimanendo inalterato.
Condivide quest’idea anche Shakespeare, che definisce questo sentimento un “marriage of true minds”. Sifa riferimento ancora una volta all’amore imperturbabile, sincero e costante, che va oltre la morte, come ha dimostrato il medesimo autore nella sua celeberrima opera Romeo and Juliet:
“I will stay with thee,
And never from this palace of dim night
Depart again. Here, here will I remain.”
Sono queste le parole di Romeo subito prima di bere il veleno lasciandosi morire sul dolce corpo di Giulietta.Allo stesso modo il Quasimodo di Riccardo Cocciante, ispirato a quello di Victor Hugo, non avendo piùragione di vivere, e certo del fatto che morire per la sua Esmeralda non significhi in realtà morire, si poggia su di lei, e prima di concedersi alla morte canta:
“Danse mon Esméralda Chante mon Esméralda Au delà de l’au-delà
Mourir pour toi n’est pas mourir.
Danse mon Esméralda Chante mon Esméralda Laisse-moi partir avec toi
Mourir pour toi n’est pas mourir”
L’amore è un fuoco nell’oscurità, ci suggerisce Coleridge, “un faro sempre fisso che sovrasta la tempesta enon vacilla mai” specifica Shakespeare. Si tratta di un amore platonico che infonde calma e pace, che innalza fino all’iperuranio dove tutto è fermo, tutto è perfetto, tutto è certo.
“L’amore impedisce la morte. L’amore è vita. Tutto, tutto ciò che io capisco, lo capisco solamente
perché amo. È solo questo che tiene insieme tutto quanto.” -Lev Tolstoj
Robin Williams, Will Hunting – genio ribelle