THE PURPLE LINE – LA CENSURA COME FORMA D’ARTE

“Sono parte del mondo e tutta la violenza del mondo è la mia stessa violenza”. Così l’artista svizzero Thomas Hirschhorn spiega il perché della sua opera “The purple line”: un lungo muro viola su cui vengono collocati dei collage pixelati che immediatamente, entrando in contrasto con il colore acceso dello sfondo, catturano il pubblico. Non è, però, solo questa differenza di tonalità e di accostamenti ad attirare le persone. Infatti, è proprio la particolarità dei soggetti scelti dall’artista che desta stupore: Hirschhorn difatti ha deciso di posizionare insieme a scene di guerra, a corpi mutilati, alla cruda e vera realtà del mondo, frammenti di pubblicità, di riviste di moda. Inoltre, ciò che salta all’occhio sin da subito è l’intento di far risaltare le scene più sanguinose e dure, ingrandendole e ponendole in rilievo rispetto alle immagini “glamour”, che, invece, vengono pixelate.  Il fine di Hirschhorn? Sicuramente quello di contrastare la censura, andando a “nascondere” elementi socialmente identificati come “innocui” e “interessanti” ed evidenziando ciò che, invece, l’occhio umano tende a rifiutare, ovvero “il caos, l’incomprensibilità e l’inconcludenza del mondo”, come afferma l’artista stesso. La scelta di utilizzare l’arte del collage, che a molti può sembrare banale e superficiale, deriva proprio dal fatto che “un collage è resistente, sfugge al controllo persino di chi lo fa”, tanta è la sua potenza e la sua efficacia. “Un collage è carico e rimane sempre esplosivo”, così lo definisce Hirschhorn. 

Chi ha avuto l’occasione di osservare questa mostra, presente al museo romano di arte contemporanea per eccellenza, il MAXXI, sicuramente è andato alla scoperta dei propri limiti, ha deciso di mettersi alla prova e capire fino a dove l’essere umano può spingersi ad osservare. È una sfida contro se stessi. Cercare di “domare” la curiosità umana anche di fronte ad immagini vivide e crude come quelle presentate dall’artista. Trovarsi di fronte ad una gigantografia di uomini mutilati, cadaveri, guerre, armi, sangue è tutto ciò da cui le persone cercano di fuggire ed è proprio, invece, ciò su cui l’autore vuole concentrarsi. “Il mondo ha bisogno di essere depixelato”, così afferma. La vivacità dello sfondo violetto e il colore rosso delle immagini mantiene vivo l’interesse in chi osserva l’opera, ma allo stesso tempo fa respingere lo sguardo, quasi come se questo contrasto di tonalità disturbasse lo spettatore. Un po’ come nella vita quotidiana: la mente umana è attratta da ciò che le fa paura e al contempo cerca di discostarsene. L’importanza della censura in questa mostra? Allontanare la società dall’apparenza per farla immergere nella durezza della Storia e della realtà. “La questione non è chi è la vittima, chi è il colpevole, né di cosa si tratta. Si tratta di tutta la Storia e non solo di un singolo fatto. Con il mio lavoro voglio raggiungere, toccare la Storia al di là del fatto storico”.  Con questa ultima citazione di Thomas Hirschhorn poniamo un interrogativo su cui riflettere: come è possibile essere consapevoli della realtà della storia se non andando oltre i propri limiti e contrastando la censura?

Francesca IV

                           

                           

 

 

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