La redazione Attualità e Cultura dell’Elettronvolt ha avuto il piacere di intervistare in una riunione online Daniele e Ivan, due giovani di Ciampino che hanno dato vita a un’interessante esperienza di escursionismo popolare. 

Che cosa si intende per “escursionismo popolare” e quali sono i vostri obiettivi? 

L’escursionismo popolare  è una modalità più informale del solito escursionismo guidato. E’ un’esperienza condotta insieme: io ( Ivan, n.d.r) mi occupo principalmente dell’aspetto naturalistico-ambientale mentre Daniele, che è antropologo, illustra le vicende legate alla storia dei luoghi esplorati, sempre con un taglio abbastanza politico. Parliamo di come i nostri territori vengano messi a rischio, di come la loro bellezza e la loro vivibilità siano compromesse a volte da meccanismi sociali di accumulazione del profitto e da vari giochi politici che vengono fatti sulla pelle delle persone che abitano questi luoghi.

La peculiarità di questo tipo di escursionismo è quello di essere percepito non come semplice esperienza di “camminata” ma come uno strumento di divulgazione e di informazione, di denuncia degli abusi che vengono perpetrati sul nostro territorio; esso può essere considerato un modo per riappropriarsi degli spazi. L’esperienza escursionistica è molto attraente e partecipativa e sicuramente a livello politico risulta più coinvolgente rispetto all’allestimento di un gazebo in piazza o di una megafonata pubblica. Questo è sicuramente un aspetto a cui teniamo e ci accorgiamo che sta funzionando molto anche  rispetto agli altri Comitati presenti ai Castelli. 

Vi considerate un movimento ambientalista?

Non ci piace definirci “ambientalisti” poiché questo termine ci sembra riduttivo. Noi crediamo che le lotte siano intersezionali e pensiamo che non ci si possa occupare di ambiente se non ci si occupa di diritti sociali. Per esempio dedichiamo la nostra attenzione alle speculazioni edilizie e abbiamo molto a cuore la questione del diritto alla casa che in questo periodo di Giubileo è molto sentita anche qui a Ciampino. Prendiamo parte anche a molti eventi di protesta organizzati dai vari collettivi dei Castelli e di Roma. Collaboriamo con doposcuola del nostro territorio e della capitale, con numerose famiglie di background migratorio che sono molto contente di partecipare alle nostre escursioni, quindi possiamo dire che la Brigata Messalla  attraversa lotte trasversali.

Insomma, l’ escursionismo popolare crea comunità: si condivide in modo diverso il proprio territorio, lo si condivide insieme con la consapevolezza che i luoghi percorsi sono di tutte e di tutti. Inoltre durante le escursioni abbiamo delle abitudini simpatiche, pittoresche e popolari come quelle di offrire (naturalmente agli adulti, n.d.r. ) ciambelle e vino: anche questo fa parte del progetto di creazione di una comunità.

Nelle vostre escursioni ci sono luoghi che prediligete? Ci sono luoghi in cui non vi siete ancora recati nei quali programmate in futuro di fare qualche escursione?

La Brigata si è costituita da poco meno di due anni, in tutto avremo fatto circa una ventina di uscite: la zona su cui ci concentriamo di più è quella dei Castelli Romani. Viviamo a Ciampino, ma siamo alle pendici del vulcano laziale e i posti da esplorare sono tantissimi, i percorsi molto numerosi, e soprattutto le tematiche che riguardano alcune aree del Parco dei Castelli romani sono parecchie, le criticità del territorio andrebbero fatte conoscere alla cittadinanza.

Però abbiamo fatto escursioni anche fuori dai Castelli proprio per vedere come può essere conservato l’ambiente in modo positivo. I Castelli Romani non sono un buon esempio di conservazione delle risorse ambientali, e quindi siamo andati per esempio alla Riserva di Tor Caldara che rappresenta un territorio strappato alla cementificazione selvaggia che è una roba fighissima. Siamo stati anche sui Lepini che nonostante non abbiano un parco, sono presenti delle forme di gestione collettiva, ci sono beni pubblici e collettivi gestiti dagli abitanti che stanno lì nei paesi vicini alle montagne dei Lepini e… funziona! Al contrario, come dicevamo,  il Parco dei Castelli segue tendenzialmente logiche privatistiche e di sfruttamento. In altri luoghi invece la conservazione dell’ambiente è possibile se viene gestita collettivamente.

Quali sono i risultati sul territorio che avete raggiunto di cui siete maggiormente fieri?

La più grande vittoria per noi è sentirci dire dalle persone ‘ho visto il mondo con occhi diversi’ dopo le escursioni; per noi l’obiettivo è riuscire a trasmettere la storia del territorio e la necessità di salvaguardarlo. Ci sentiamo soddisfatti quando alle nostre escursioni partecipano le famiglie dei bambini e delle bambine dei doposcuola: sono quasi tutte  provenienti dal Bangladesh e dall’Egitto. Alcune di queste famiglie non hanno perso neanche un’escursione. Queste persone generalmente hanno difficoltà ad usufruire del territorio e sono spesso messe in disparte, quindi passarci delle giornate insieme divertendosi è una grande vittoria. Un’altra cosa di cui andiamo particolarmente fieri sono le escursioni organizzate in collaborazione con doposcuola in cui sono presenti bambini e bambine rom della periferia est di Roma. 

Passiamo a domande più tecniche…Abbiamo appreso che i Castelli Romani stanno cercando di ridurre gli appalti di costruzione per creare terreni agricoli, anche a favore della popolazione. Come funziona? 

Di fatto, l’Ente Parco dovrebbe avere dei piani, sia per quanto riguarda la gestione forestale, che per quanto riguarda l’edificazione. Possono dare delle indicazioni su cosa si può e su cosa non si può fare all’interno del territorio del parco. Più delle volte, riguardo ai nulla osta nel campo delle costruzioni, i tagli sono più semplici. Nonostante l’Ente Parco sia un ente pubblico, l’interlocuzione con i comitati e con i cittadini non è sempre facile, anche se viene richiesto in tutte le forme possibili. Secondo il nostro punto di vista l’Ente Parco a volte fa delle operazioni di greenwashing molto intelligenti, nelle quali porta le persone a camminare solamente nei luoghi che si sono salvati dalla distruzione generalizzata. Tuttavia, riuscire ad ottenere dei risultati è un processo lungo e complicato.

Il resto, dunque, non viene per niente curato e viene lasciato a sé stesso?

Molte delle questioni riguardano la manutenzione e la sicurezza stradale. È ovvio che gli alberi non devono cadere sulle strade, ma gli alberi ci devono comunque stare. Non solo il parco non fa sempre manutenzione nella propria rete sentieristica ma, alcune volte, avvengono atti irresponsabili. Mi viene in mente l’esempio della via Sacra, dove vi è stata un’azione di disboscamento degli alberi con mezzi cingolati che sono passati sopra la via. Ciò ha riportato come conseguenze fenomeni di ruscellamento che portano detriti e di logoramento di suolo che si consuma. Molte zone sono diventate come quei paesaggi lunari che, ormai, siamo abituati a vedere ai Castelli. Dove hanno tagliato gli alberi non è stata lasciata nemmeno una minima fascia di protezione valida: sono stati persino divelti gli alberi in cui era presente la segnaletica ufficiale del CAI. In una situazione di incremento demografico e di aumento delle automobili con conseguente incremento di produzione di anidride carbonica, gli alberi ci servono perché la loro capacità di cattura della CO2 è di gran lunga superiore a qualunque tecnologia potremo vedere nei prossimi anni. A nostro avviso qualunque decisione che prevede il taglio degli alberi è sbagliata in partenza.

Ci sono dei consigli che vorreste dare ai cittadini per migliorare la sostenibilità, anche riguardo alla vostra esperienza? 

Allora, visto lo stato attuale delle cose, chiudere il lavandino quando uno si lava i denti non è la pratica più efficace, quanto meno è quello che pensiamo. Questo perché chi consuma maggiormente le risorse idriche non sono i singoli cittadini. Certo, dobbiamo stare attenti, quello è un obbligo civico che ognuno e ognuna di noi deve avere. Tuttavia i problemi sono ben altri: le reti dell’acquedotto sono un colabrodo, l’inceneritore utilizza decine e decine di metri cubi di acqua che potrebbero finire invece nei rubinetti delle nostre case, e la cementificazione selvaggia. Ecco, tutte queste minacce si combattono con l’educazione ma, soprattutto, agendo in modo collettivo per fare in modo di porre un argine ai derivati speculativi che sono presenti sul territorio. Questo si fa attraverso assemblee, iniziative di escursionismo popolare, banchetti in piazza e anche concerti, perché, se non c’è una comunità che ha a cuore il proprio territorio e non si fa vedere contraria a certe decisioni, questo mood speculativo non cambierà mai. 

Vi ringraziamo a nome di tutta la redazione, siete stati simpatici e  super esaurienti!

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